Tanta storia e bellezza: la Farmacia Carlucci di Melfi con il Museo della Farmacia in Basilicata

Il nostro lavoro è talmente vario e arricchente che, tra un progetto e l’altro, un montaggio e il successivo, capita spesso di lasciarsi ispirare, così da nutrire – per così dire – lo spirito. Può essere la conversazione con un farmacista saggio (a proposito, quella del farmacista, soprattutto quando “di stanza” nello stesso luogo da decenni, è una professione che porta naturalmente a una lettura compassionata dei fatti della vita), una località da togliere il fiato o, come nel caso della Farmacia Carlucci di Melfi, una farmacia con adiacente museo che lascia senza parole e con gli occhi sgranati.

Da sempre, il dottor Camillo Carlucci raccoglie tutto ciò che, al suo sguardo curioso e ben allenato dalla passione per il bello, rappresenta qualcosa di iconico. Tutto ciò che, insomma, risulta particolarmente significativo al fine di tracciare il trascorrere del tempo e le tante evoluzioni della professione dello speziale, del chimico, del farmacista. 

Di recente, Th.Kohl ha avuto il privilegio di rimettere mano alla parte della Farmacia Carlucci aperta alle vendite e al consiglio, come è possibile leggere nella pagina del relativo progetto. Ma per quanto riguarda l’adiacente Museo della Farmacia in Basilicata di recentissima apertura, lasciamo che siano il dottor Camillo Carlucci e lo scrittore Antonio Vaccaro a parlacene, attraverso un testo che riesce tanto a descrivere quanto a emozionare. 

Varcata la soglia di questo ambiente, si resta sorpresi e ammirati nel ritrovarsi in un così piccolo spazio capace, tuttavia, di contenere tanta bellezza, è una tale ricchezza di arredi quale mai si sarebbe immaginata; e opere d’arte, e rarità varie, tra le quali un antico mortaio in bronzo, e vasi in vetro, di artigianato veneto e tedesco, singolari per forma, dimensioni, e dipinture, in cui farmacisti e speziali, che conservavano semi, radici e foglie di singole piante medicinali (i cosiddetti “semplici”) o preparazioni galeniche (i “composti”): il tutto, distribuito secondo un ordine razionale meticoloso, sorvegliato dall’occhio di un soffitto a padiglione decorato. 

E tuttavia, ciò che questo Museo della Farmacia, unico in Basilicata e tra i più notevoli in stile Liberty in Italia, offre al visitatore, va ben oltre la semplice esposizione di materiali sia pure di preziosa raffinata fattura.

Esso consente di addentrarsi in un universo di cose lontane; racconta di procedure, di conoscenze e di sapere tramandati, scomparsi ormai dal nostro orizzonte. E, con essi, disperso l’incredibile arsenale di parole che li denominavano.

Ma soprattutto racconta la storia della perseverante passione dedizione di un eroe della quotidianità, Gennaro Carlucci, esponente di una borghesia colta e illuminata, e intraprendente, il quale, da Napoli, dove si è addottorato in Farmacia nell’anno 1854 – sovrano del Regno delle Due Sicilie Ferdinando II di Borbone (1830-1859) – torna nella nativa Melfi per dare vita e sostanza all’idea che gli si è radicata dentro dagli anni dell’università e che ormai domina tutto il suo essere.

A Napoli, non c’è farmacia, si può dire, che non abbia visitato e di cui non conosco i segreti. Quelle storiche, poi, dalla “Farmacia degli Incurabili” alla “Spezieria della Certosa di San Martino, lo hanno soggiogato mostrandogli modelli perfetti cui ispirarsi.

Sicché, ottenuta dal Regio Ufficio del Protomedicato Generale del Regno la «riconoscenza all’esercizio farmaceutico» (luglio 1855), potrà finalmente offrire ai suoi concittadini il porto rassicurante di una farmacia; provvidenziale per una popolazione di circa 10.000 abitanti.

La sede originaria, denominata «All’insegna di Esculapio» nel palazzo nobiliare Lancieri: «al centro del Comune», prospiciente una strada, «tra le più frequentate e sane», perché il pubblico potesse «essere servito con comodo e prontezza…» – come richiesto dall’articolo 68 del Regio Decreto del 10 aprile 1850.

Tra fine ‘800 e i primi anni del nuovo secolo, il trasferimento da palazzo Lancieri alla centralissima sede attuale in Corso Garibaldi.

Qui, gli interventi decisivi che disegneranno il nuovo, definitivo volto della Farmacia: la sua seconda vita è una storia tutta da riscrivere. Artefici, Carlo e Camillo, eredi della seconda generazione: gli ambienti ricostruiti in stile Liberty (opera del professor Luigi Rubino), di moda in quegli anni, caratterizzato da motivi ispirati al mondo vegetale floreale, applicato con molta libertà alla decorazione dei mobili e degli oggetti di arredamento in genere; e, a presidiare tutti gli spazi offerti dalle spettacolari scaffalature, un esercito di vasi policromi di diverse dimensioni; al centro della sala, un lungo massiccio bancone di artigianato locale.

Infine, nell’ultimo scorcio del 1900, la denominazione “Farmacia Carlucci“ sancisce, con Gennaro (terza generazione) l’orgoglio del nome nel segno della tradizione.

Ma aldilà delle storie di forme e di esteriorità, ben altro racconta questo piccolo tempio del bello e di saperi arcani.

Ci racconta un patto tra generazioni: dal capostipite Gennaro a Camillo, quarto anello di una catena generazionale lunga centosessantasette anni, ai figli di lui Luisa, Teresa e Gennaro.

È Camillo Carlucci che nel 2022 eleva la piccola spezieria dell’antenato a museo: «luogo di eccezionale interesse artistico e storico», riconosciuto e definito tale dal Ministero dei Beni Culturali e Ambientali.

Antonio Vaccaro, settembre 2022